Conquistare lo spazio business made in Italy L’ora dei mini-satelliti
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Se la copiosa nevicata abbattutasi su Roma lunedì scorso non avesse portato scompiglio in molte agende, l’ultimo tassello, l’avvio delle attività del programma “Platino”, la mini piattaforma spaziale ad alta tecnologia, sarebbe andato in scena con il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a tenere a battesimo il nuovo capitolo, concepito per consentire al paese di conquistare il segmento dei mini-satelliti, ormai in rapidissima espansione, e di rafforzarsi ulteriormente in un settore che, sotto la regia dell’Asi (l’Agenzia spaziale italiana), ha conosciuto un significativo sviluppo negli ultimi anni. Al punto che l’Italia è oggi considerata uno dei leader mondiali per le sue attività spaziali: è il terzo contributore dell’Agenzia spaziale europea (Esa), che coordina i progetti dei 22 Stati membri, e il sesto paese per produzione di articoli scientifici più citati nel campo delle scienze spaziali. Ed è soprattutto tra i pochi a vantare una presenza completa lungo tutta la catena del valore: dalla capacità di costruire satelliti alla loro messa in orbita con i lanciatori sviluppati insieme all’Esa in Europa – dove un ruolo strategico è rivestito da Avio, azienda leader nella propulsione spaziale, sbarcata in Borsa ad aprile, la prima al mondo – fino alla trasmissione a terra dei dati e al loro sfruttamento per svariate applicazioni industriali.
L’economia dello spazio in Italia vale attualmente, nel suo complesso, 1,6 miliardi di euro ed è caratterizzata per l’80% da piccole e medie imprese, con la fetta principale di occupati e fatturato concentrata però soprattutto nelle grandi aziende (dove il gruppo Leonardo fa la parte del leone, anche grazie alle sue joint venture Telespazio e Thales Alenia Space). E, nel periodo 2014-2016, ha conosciuto una crescita costante, come documenta l’indagine condotta dall’Asi: in tre anni, l’incremento occupazionale è stato del 3 per cento, con quasi 6300 lavoratori specializzati. E sono aumentate in modo rilevante anche le Pmi impegnate nel comparto, passate da 476 a 578. Non solo. La fotografia dell’Asi rivela poi anche l’alto livello di formazione con un 66% di laureati tra i quasi 700 nuovi assunti nel triennio (il 52% dei quali appartiene alla fascia d’età 26-35 anni), localizzati per un terzo al Sud.
Il settore continua dunque a macinare numeri importanti anche se si cambia il punto di osservazione e si valuta il contributo che l’Italia ha apportato ai programmi oltreconfine con conseguenti benefici per la filiera industriale della penisola. Si scopre così che, nell’ambito dei programmi della Commissione europea, nel periodo 2014-2017 (dati di medio-termine della programmazione 2014-2020), l’Italia ha ottenuto un sovra-ritorno di 276 milioni di euro: considerando che la contribuzione ai piani di Bruxelles è stata di circa il 12,48 per cento, il sistema spaziale italiano ha ricevuto indietro un 16,4%, mettendo in sostanza a segno un più 4 per cento. E anche rispetto all’asse con l’Agenzia spaziale europea – di cui, come detto, l’Italia è il terzo contributore con 2 miliardi di euro investiti tra il 2014 e il 2017 -, i riverberi sono stati altrettanto positivi, con un ritorno di 170 milioni di euro nel triennio per il sistema-paese. In sostanza, per ogni euro investito, il beneficio è stato di 1,12 a fronte, per esempio, dell’1,03 della Spagna o dello 0,98 della Germania.
Merito, senza dubbio, della nostra lunga tradizione nello spazio – era il 1964 quando l’Italia, terza nazione al mondo, pose in orbita un satellite -, ma anche del lavoro che l’Asi, in stretto raccordo con le istituzioni e l’industria, ha saputo portare avanti negli ultimi anni (e, non a caso, gli ultimi due governi hanno aumentato il budget a disposizione dai 589 milioni di euro del 2014 agli 889 milioni del 2017, fino a superare il miliardo nel 2019), sia attraverso la partecipazione in Esa sia mediante programmi congiunti con la Nasa e con altri paesi. Dalla Russia, dove la collaborazione con Roscosmos, l’agenzia moscovita, è partita nel 2009 per la realizzazione di un super telescopio, il Millimetron, e si è consolidata negli anni, alla Cina con un accordo sottoscritto a febbraio 2017, per nuove sperimentazioni scientifiche a bordo della stazione spaziale cinese (Css), e con l’Asi che punta a promuovere sulla Css l’uso degli elementi italiani ad alto contenuto tecnologico (cupola e moduli abitabili). A conferma della posizione di leadership che l’Italia ha raggiunto anche nel settore del volo umano nell’ambito della realizzazione e dello sfruttamento della stazione spaziale internazionale.
Ora le sfide future sono diverse. Nell’immediato, però, la space economy italiana è attesa da una nuova svolta, resa possibile dalla legge di riordino appena approvata, che attribuisce alla presidenza del Consiglio i compiti di indirizzo governativo e di coordinamento, risolvendo la frammentazione finora esistente, e istituisce un comitato interministeriale chiamato a definire la politica spaziale nazionale (si veda anche intervista a lato). Un passo necessario, e chiesto da tempo a gran voce dal settore, per assicurare una gestione coordinata di un comparto che ha tutte le carte in regola per essere uno dei motori propulsori della crescita economica e sociale del paese.
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