Cosa mangiamo a tavola? Alla scoperta dei falsi prodotti “Made in Italy”
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Prodotti fake del “Made in Italy” che girano sulle tavole italiane ma soprattutto nei supermercati di mezzo mondo e che causano un mancato introito alle aziende nostrane di 60 milioni di euro. È questo il business del falso agroalimentare che sfoggia, in maniera fraudolenta, bandiera e nomi che richiamano l’italianità presunta del prodotto, a sinonimo di un valore aggiunto di garanzia e genuinità di quanto si sa acquistando.
Dal sugo di pomodori alla pasta, dai formaggi tipici al prosciutto, finendo al vino, le frodi nel settore agroalimentare sono ancora difficili da arginare. L’anno scorso in Senato è stato presentato il dossier, stilato da alcuni senatori insieme ad ufficiali della Guardia di Finanza, che sintetizzano in una classifica di 5 voci il falso che gira a tavola: le alterazioni, ovvero le modifiche della composizione e dei caratteri organolettici degli alimenti; le adulterazioni che, con l’aggiunta o l’eliminazione di alcuni componenti, mutano la qualità dei prodotti; le sofisticazioni, che aggiungono sostanze estranee rispetto alla naturale composizione dell’alimento; le falsificazioni, delle vere e proprie sostituzioni con altri prodotti; e le contraffazioni, che riguardano le indebite riproduzioni di marchi commerciali.
Purtroppo a fronte di un regolamento europeo che consolida le regole sulla sicurezza di alimenti e mangimi nell’Unione, ancora oggi non c’è una legislazione continentale e nazionale che possa salvaguardare tutti i veri prodotti del food marcati Italia contro questi reati. A questo si aggiunge la rete di imprenditori che, per maggiori profitti, fanno entrare alimenti esteri, spesso senza troppi controlli qualitativi e di produzione. Questi cibi, con il solo confezionamento effettuato in qualche stabilimento italiano, acquisiscono la dicitura di alimenti “Made in Italy”.
Una situazione che stride rispetto ai dati positivi dell’occupazione giovanile nel mondo dell’agricoltura: dal 2015 al 2017 le imprese agricole under 40, attive presso le Camere di Commercio, sono aumentate del 12%.
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